lunedì 31 marzo 2008

PENSIERO,RELIGIONE E CULTURA






LA DIFFICILE QUESTIONE DELLE FONTI

I CODICI PITTOGRAFICI PREISPANICI E COLONIALI

Con l’arrivo degli spagnoli, la destrutturazione delle antiche signorie ed il crollo della triplice alleanza entrarono in crisi gli antichi sistemi di registrazione della memoria. Le imprese militari dei conquistadores e l’opera dei missionari contribuirono alla distruzione di molte antiche testimonianze preispaniche. La prima fase delle persecuzioni si esaurì intono al 1540, quando, dissolte le speranze di una rapida cristianizzazione degli indios, i missionari iniziarono a guardare con maggior interesse il passato preispanico, per conoscere le religioni indigene ed estirpare l’idolatria. All’inizio l’interesse verso i codici rimase confinato all’ambito antiquario, soltanto nel XX secolo lo studio dei codici assunse una rilevanza scientifica, soprattutto dopo il secondo dopoguerra. Nonostante le varianti locali, la scrittura custodita nei codici era formata da tre tipi di segni o glifi: i pittogrammi, che costituivano delle rappresentazioni stilizzate di azioni e oggetti, gli ideogrammi che rappresentavano concetti, qualità e attributi, i segni fonetici veri e propri che si limitavano all’indicazione di toponimi, antroponimi ed elementi delle cronologie. Il formato dei codici pittografici era realizzato su lunghi fogli arrotolati o ripiegati a fisarmonica, fatti solitamente con una carta ricavata da corteccia, pelle di cervo o con tele di cotone e carta di magney, e poi conservati in luoghi detti amoxalli per permettere ai sacerdoti o alle classi dominanti di conservare e controllare l’intero sapere. I codici erano dipinti da una categoria specializzata di pittori scelti fin da giovani per apprendere la lingua, le tecniche e i campi del sapere che dovevano essere riprodotti. Il tlacuilo (“uomo che dipinge”) era considerato un vero e proprio operatore religioso; era scelto all’interno di una classe sociale elevata ma la sua identità rimaneva anonima; il pittore dipingeva per l’intera comunità secondo un sistema di convenzioni impersonali che impedivano la promozione di un’estetica individuale e garantiva la perpetuazione e l’esegesi di un ordinato sistema concettuale. I codici erano strumenti attivi della vita sociale mesoamericana. In epoca coloniale l’uso della scrittura pittografica non fu definitivamente abbandonato, nonostante la distruzione degli antichi manoscritti; anzi, trovò una rinnovata funzionalità all’interno della società coloniale che, per esigenze amministrative, richiese la redazione di documenti da parte della popolazione nativa. Il carattere negoziale di codici dell’epoca coloniale produsse però un complesso mutamento dell’uso della scrittura che stava progressivamente abbandonando la propria funzione rituale. La necessità di un dialogo tra le due culture contribuì alla creazione di documenti “meticci”. La storia della transizione dei sistemi tradizionali di registrazione della memoria subì un’ulteriore accelerazione con l’introduzione dell’alfabeto europeo che viene utilizzato per trascrivere il contenuto orale delle lingue indigene. I codici coloniali si trasformarono in testi misti “bilingui”).

LA “GRAMMATIZZAZIONE” DELLA RELIGIONE: IL COLLEGIO DI TLATELOLCO.

Il progetto di alfabetizzazione della Mesoamerica ebbe come principale protagonista la nascente chiesa missionaria. L’impresa di conversine ebbe inizio nel 1523, quando apparvero in Messico i primi frati francescani. Nel 1524 il processo di conquista spirituale subì una decisa accelerazione. Agli occhi dell’ordine la conversione degli indigeni era necessaria e urgente perché rappresentava il segno dell’avvicinarsi dell’Apocalisse, si doveva perciò creare sulle rovine dell’antico dominio mexica il regno millenaristico profetizzato nel libro di Giovanni. Vi furono svariati contrasti tra l’ordine e l’amministrazione spagnola.

Nel 1535 l’impresa francescana fu favorita da fatto che la società coloniale fu riorganizzata da simpatizzanti dell’ordine. IN questa fase la conversine avveniva tramite battesimi di massa e costruzioni di luoghi di culto sulle rovine degli antichi edifici indigeni. Solo nel 1536 fu fondato il Collegio Imperial del la Santa Cruz de Tlatelolco, centro di educazione che promosse un progetto di occidentalizzazione dell’ambito educativo e pedagogico sotto la guida di alcuni dotti francescani dell’epoca destinato ai giovani eredi della nobiltà nativa e andava a sostituirsi all’antico Calmecac, l’istituzione preispanica che si occupava dell’istruzione della giovane elite mexica. Lo strumento principale di questo nuovo progetto fu l’alfabetizzazione della lingua nahuatl, e il Collegio divenne ben presto il principale centro di ricerca sulle culture preispaniche. Una figura estremamente rilevante in questo periodo è Sahagun, che era intenzionato a raccogliere in un testo le antiche conoscenze che i codici pittografici custodivano. Gli esseri e le cose sono sistemati in 12 libri secondo un rigoroso ordine gerarchico.

LA COSMOVISIONE

IL DUALISMO ED IL COSMO

La cosmovisione è l’insieme delle produzioni del pensiero sociale che danno vita a sistemi strutturali, integrati e congruenti, attraverso i quali un’entità sociale intende comprendere l’universo. La cosmovisione mesoamericana “imbrigliava” i differenti ambiti del reale in un complesso sistema di relazioni che rendeva impossibile individuare chiaramente la separazione tra ambito religioso e ambito civico. Uno degli elementi centrali della cosmovisione mesoamericana è una forma di pensiero dualista che si esprimeva in modo ridondante in ogni aspetto della realtà. Un racconto mitico narra che prima che la realtà fosse creata vi era una coppia di esseri extraumani a loro volta divisi in duplici forme, il numero due è dunque esistente ancor prima della materia, come principio che qualifica e da senso a tutto. L’atto sessuale con cui la coppia darà vita all’intera esistenza manifesta la potenzialità originaria del dualismo. Esso trasforma l’universo in continuo movimento in un’entità pensabile attraverso una serie di opposizioni dinamiche che si estendono ad ogni ambito del reale: la sfera socio-politica, il cosmo, l’ambiente naturale le relazioni familiari , le credenze religiose e le pratiche amministrative. Non esiste una separazione tra bene e male ma uno strumento pratico di classificazione. Il dualismo, nella lingua nahuatl, generava il difrasismo: una struttura linguistica estremamente diffusa che consisteva nell’esprimere un concetto tramite l’accostamento di due termini. Non è un caso inoltre che nelle principali società nahua istituzioni politiche e religiose erano pensate in forma duale. Il concetto di un cosmo ordinato all’inizio della creazione una volta per tutte è estraneo al pensiero mesoamericana, ma piuttosto si tratta di un realtà riordinabile attraverso il rituale.

IL TEMPLO MAYOR DI TENOCHTITLAN

Si nota da subito un periodico arricchimento e allargamento del santuario, composto dalla sovrapposizione di 7 strati costruttivi. Il Templo mayor era il simbolo della sedentarizzazione conquistata al termine della migrazione ed era il luogo dove si svolgevano le principali attività politiche e cerimoniali. Questo edificio era dedicato a due entità extraumane: Huitzilopochtli, entità solare e guerriera, patrono etnico dei mexica e loro guida durante la migrazione, e Tlaloc, entità notturna e sedentaria legata alla tradizione agraria. I mexica avevano dunque cercato di armonizzare le esigenze religiose delle due componenti della loro cultura, conciliando le caratteristiche guerriere con quelle della sedentarietà e dell’agricoltura. Come altri templi anche questo è pensato come la replica terrena del mitico luogo d’origine della realtà,nel quale l’intero cosmo trova ordinamento e origine e riproduce un’immagine sintetica della realtà nella quale è esibito un intero sistema di valori in modo spettacolare, un microcosmo che si colloca al centro dell’universo per produrre una rappresentazione in scala ridotta.

L’universo mexica era formato da 13 cieli e 9 strati sotterranei che i defunti dovevano attraversare fino a raggiungere l’oscuro “Luogo dei Morti”. Ognuno di questi livelli del cosmo, a cui venivano assegnati specifici colori e fenomeni, era abitato da entità extraumane e corpi celesti. La città di Tenochtitlan era posta al centro del piano orizzontale terrestre come luogo d’incontro di quattro assi diretti verso i punti cardinali; così si imprimeva al paesaggio un ordine che trovava una giustificazione di tipo cosmico, riproduceva in scala ridotta l’organizzazione del piano terrestre che credevano fosse circondato da un’enorme distesa d’acqua che si ripiegava verticalmente per congiungersi ai cielo. Al centro di questo oceano era il mondo abitato dagli uomini, Tlalticpac, suddiviso in 4 parti (se il dualismo rappresenta la potenzialità il quattro è la manifestazione concreta della realtà). Un simbolo particolarmente esplicativo è il Quinconce costituito da 5 punti inseriti all’interno di un quadrilatero che rappresenta l’estensione sulla quale si innalzano nel centro e ai 4 angoli gli alberi cosmici; il centro era rappresentato da Xiuhtecuhtli (“signore dell’anno”) il dio garante del centro e del tempo che rappresentava il fulcro dell’intera vita sociale mexica.

LA PIRAMIDE COME REPLICA DI UNA MONTAGNA

Le piramidi hanno un legame simbolico con le montagne, come luoghi capaci di simboleggiare allo stesso tempo la relazione tra l’uomo e il paesaggio e individuare il palcoscenico privilegiato per lo svolgimento dei rituali religiosi. La piramide come punto d’incontro tra i piani orizzontali e verticali del cosmo, che forniva un modello per la rappresentazione dello spazio e del tempo e per l’organizzazione sociale, e ponendola al centro della città si voleva simboleggiare la stessa civilizzazione. I mexica vedevano i monti come grandi vasi pieni d’acqua e credevano sarebbe giunto un momento in cui si sarebbero rotti e l’acqua avrebbe interamente ricoperto la terra.

Ma le montagne contenevano anche l’acqua della vita, quella da cui proviene tutto, di riflesso la piramide cittadina era considerata come un contenitore dei beni fondamentale.

La vita sociale, rappresentata dalla triade simbolica montagna-città-piramide, era possibile solo grazie al furto di Quetzalcoatl che consegnava il mais (simbolo di fertilità per eccellenza) agli uomini; il contenuto della montagna era personificato in un giaguaro e aveva un suo proprio culto. Però nel Templo Mayor anche il lato dedicato a Huitzilopochtli può essere considerato come una replica della montagna: si attua infatti l’identificazione con la collina di Coatepec, dove era nato il dio, perfettamente adulto ed armato che subito dopo essere venuto alla luce avrebbe ucciso i suoi 400 fratelli e smembrato la sorella (per legittima difesa). Non a caso Huitzilopochtli è il prototipo del perfetto guerriero vincitore.

Veniva diviso anche l’anno tra i due dei: Tlaloc presiedeva alle stagioni della pioggia mentre il solare Huitzilopochtli a quella secca.

PAESAGGIO RITUALE

Vi era nella civiltà mexica una profonda connessione tra l’attività di osservazione della natura, la religione, la vita sociale, politica ed economica. Ogni città preispanica era legata ad una specifica divinità patrona che rappresentava che rappresentava l’intero gruppo. L’unità di un gruppo non era semplicemente di tipo territoriale o etnico: si apparteneva ad un gruppo grazie ad un legame con il dio patrono. Il sistema mirava a costruire un’organizzazione politica capace di conciliare il centro con la periferia, abbracciando le divisioni etniche e linguistiche in un unico sistema egemonico.

L’IMPORTANZA DEL TEMPO E IL SISTEMA CALENDARIALE

LA SCRITTURA ED IL TEMPO

La scrittura fece la sua prima apparizione in mesoamerica nel periodo Preclassico per la registrazione dello scorrere del tempo, questo diede al potere politico gli strumenti per operare sul piano pratico e su quello ideologico. Da un lato la crescente complessità sociale rendeva essenziale l’elaborazione di strumenti per amministrare il sistema economico e garantire il funzionamento dell’apparato statale; dall’altro era necessaria una legittimazione ideologica delle classi governanti che fu fornita associando le immagini dei sovrani a date calendariale o a testi celebrativi, contribuendo così a creare una propaganda di cui il tempo (e quindi il calendario) erano il palcoscenico. L’istituzione di una relazione tra le elite e l’ordine del cosmo produceva dunque una sacralizzazione del potere attraverso un uso teologico-politico dei calendari. Tramite il calendario venivano poi scelti i momenti propizi per compiere azioni pubbliche, politiche o religiose: ogni gesto della vita di un governante acquisiva un senso specifico all’interno di una griglia calendariale che spesso lo collegavano a particolari azioni di entità extraumane.

IL SISTEMA CALENDARIALE

Le civiltà mesoamericane avevano un sistema calendariale sostanzialmente uniforme attraverso il quale venivano osservati e calcolatori i principali eventi astronomici. Il sistema calendariale (noto tra i mexica come Tonalpohualli “conto dei giorni”) si fondava sull’integrazione di due sistemi di computo: un ciclo di 360 giorni e uno di 260. Il calendario era formato da due insiemi, il primo di numeri da 1 a 13 e il secondo da una serie di 20 segni, dalla combinazione di numeri e segni si creavano 260 combinazioni corrispondenti ad altrettanti giorni; questo tipo di calendario era usato soprattutto a scopo divinatorio anche se non si sa da cosa ebbe origine (cicli di coltivazione del mais, della gestazione umana o dei cicli astronomici di venere e del Sole…). Ogni giorno del Tonalpohualli era individuato dalla relazione con un’entità extraumana caratteristica, portatrice di forze che avevano il potere di orientare la vita e il funzionamento del cosmo. Il calendario veniva letto da uno specifico operatore rituale specializzato che si occupava di divulgare le specifiche associazioni tra segni e numeri e le qualità dei giorni. La divinazione,eseguita tramite codici pittografici, poteva essere praticata per individuare il momento propizio per avviare varie imprese ma anche in campo domestico (per l’onomastica ad esempio). Non esistevano tuttavia solo le “coppie divine” individuate dall’associazione di simboli e segni, ma si presentavano ulteriori sottodivisioni significative: ad esempio il conto prodotto sulla base dei tredici giorni dava vita a 20 raggruppamenti detti tredicine, dotati di specifiche caratteristiche e che possedevano un’organizzazione interna di relazioni simboliche che potevano influenzare lo scorrere del tempo con tendenze,armoniche o contrastanti, che andavano osservate con estrema attenzione. Inoltre a fianco delle due serie principali si aggiungevano altri cicli che amplificavano le sue possibilità semantiche.

I mesoamericani osservavano anche il corso solare mediante una calendario di 365 giorni(Xihuitl) diviso in 18 periodi di 20 giorni(espressi gli stessi segni che sono presenti in Tonalpohualli) a cui ne venivano aggiunti altri 5, considerati infausti e pericolosi. Gli antichi popoli mesoamericani conoscevano fin dal Classico la corretta durata dell’anno tropico ed è dunque ipotizzabile che utilizzassero sistemi di correzione a noi sconosciuti che dovevano essere in grado di salvaguardare il funzionamento del sistema calendariale. Su questa griglia si svolgeva il sistema festivo mesoamericano, ad esempio l’associazione tra sistema vigesimale e calendario solare consentiva di individuare 4 “portatori d’anno”, segni con una particolare importanza rituale e matematica visto che venivano associati ai numeri da 1 a 13 ottenendo così particolari cicli di 52 anni che rendevano possibile l’integrazione tra calendario di 260 e 365 giorni e armonizzavano anche i cicli venusiani (ogni 2 cicli), individuando così un grande ciclo di 104 anni che segnavano la coincidenza di 65 anni venusiani, 104 solari e 146 del calendario divinatorio.

Lo spazio veniva pensato attraverso una divisone del piano terrestre in 4 settori orientati verso i punti cardinali e secondo una divisione dell’asse verticale nei 13 cieli e nei 9 inferni.

DIVINAZIONE E DESTINO

La nascita dell’arte divinatoria era considerata un fatto di valenza cosmica: al momento della creazione 4 dei decisero di generare la prima coppia umana a cui diedero le indicazioni fondamentali per la vita che gli uomini avrebbero dovuto seguire. Insieme all’ordine di dedicarsi alle mansioni che competevano a ciascun sesso furono donati anche i primi chicchi di mais per la divinazione e l’ordine calendariale. Il calendario nasce dunque come istituzione asservita alla divinazione.

TEMPO, CORPO E IDEOLOGIA

La condizione dell’uomo è quella di doversi conformare a forze sovrastanti perché fin dalla creazione le sue possibilità sono ridotte per evitare che con la sua potenziale grandezza minacci il corretto funzionamento della realtà che appare sempre molto fragile. Il corpo era pensato in analogia con la struttura dell’universo: in corrispondenza del fegato si pensava esistesse un’entità animica con caratteri individuali che raccoglieva la passione, il vigore fisico e i sentimenti (Ihiyolt); nella zona del cuore vi era l’entità più importante e collettiva in cui risiedevano conoscenza, memoria, abitudini ed emozioni (tayolia) e che rappresentava una diretta eredità del dio patrono; nel cervello vi era la maggiore concentrazione della terza entità animica (tonalli), una forza esterna che veniva attribuita al singolo al momento della nascita e ne influenzava il carattere e il destino.

L’obiettivo dell’individuo era di mantenere armonia all’interno di se stesso in caso contrario potevano subentrare la malattia e la morte. Alla morte, se il tonali e la ihiyolt tendevano a divenire impalpabili e scomparire il teyolia in base al tipo di morte fatta aveva una differente sorte ultraterrena: chi moriva di cause naturali discendeva in 4 anni tutti i 9 strati infernali fino ad arrivare al Luogo dei Morti; i caduti in combattimento, le vittime di un sacrificio o le donne morte al primo parto avevano diritto ad accedere a un luogo ultraterreno dove avrebbero potuto accompagnare il corso giornaliero del Sole, proseguendo nella morte il loro destino di servizio; coloro che morivano per cause legate all’acqua erano destinati alla dimora degli dei e finivano per assumere il ruolo di aiutanti degli dei e mediatori con gli uomini. La morte non rappresentava una liberazione delle responsabilità o un abbandono dei vincoli gerarchici, nella dimora dei morti il teyolia proseguiva la propria esistenza sotto un signore divino così come durante la vita era stato soggetto al volere del signore.

IL RITO:DALL'UFFICIALE AL PRIVATO

IL RITUALE IN AMBITO QUOTIDIANO

La distinzione tra sacro e profano, tempo festivo ed ordinario, non era significativa dato che l’aspetto rituale permeava ogni aspetto dell’esistenza. L’intero corpo sociale si trovava costantemente impegnato in un’opera di tutela del precario equilibrio cosmico.

I momenti significativi del rituale erano accompagnati a livello personale o comunitario da digiuni, astinenze, autosacrifici, veglie, purificazioni e penitenze che si svolgevano secondo regole comuni e si ispiravano a un condiviso sistema simbolico. Nel corso della vita la sessualità, l’ebbrezza, il consumo di sostanze inebrianti istauravano canali comunicativi con le forze extraumane pericolosi per l’equilibrio,il rituale serviva quindi per controllare l’eccessiva esposizione dell’individuo e del gruppo a condizioni rischiose; in più per purificarsi una sola volta nella vita il mexica si rivolgeva alla sorella smembrata di Huitzilopochtli, dea dell’immondizia e della sessualità per avere una completa purificazione e riequilibrare così le forze cosmiche. La dimensione quotidiana era scandita da una serie di attività che si svolgevano intorno al focolare e al calpulco (oratorio in cui erano conservate le immagini di divinità familiari), il rituale infatti era usato anche per favorire lo svolgimento di quelle attività quotidiane costantemente a rischio. Non sempre i rituali ordinari erano sufficienti e allora alcuni operatori sacrali specializzati(che avevano particolari poteri in virtù di una gravidanza portentosa, la nascita in un giorno fausto, segni corporali inconsueti,ecc…) stabilivano canali con particolari attività extraumane.

Una capacità fondamentale era comunque, sia per i sovrani che per i sacerdoti, la divinazione.

LA FORMA DEL CERIMONIALE PUBBLICO

Il culto di carattere ufficiale si svolgeva secondo un cerimoniale spettacolare nel centro di tenochtiltan, teocalli, il sacro recinto che conteneva i principali templi della città, gestito da una serie di operatori rituali profondamente gerarchizzati e guidati da una diarchia sacerdotale rappresentata dal sommo sacerdote di Huitzilopochtli e quello di Tlaloc, solitamente figli della nobiltà dato che non esistevano differenze tra potere temporale e spirituale, soltanto divisione dei compiti. La maggior parte delle cerimonie pubbliche prevedeva conti, musiche, danze e processioni coinvolgendo così anche gli spettatori.

IL CICLO FESTIVO E LA CERIMONIA DEL FUOCO NUOVO

Nell’altopiano del Messico centrale c’erano nel corso dell’anno due diversi cicli di coltivazione del mais: la prima durante la stagione secca (gennaio-giugno) e la seconda durante la stagione delle piogge(giugno-gennaio).

Le feste non erano solo in ambito agrario ma celebravano anche eventi politici che trovavano uno strumento di espressione ideologica molto forte nel ciclo solare e a quello calendariale. Ad esempio uno degli eventi più critici era la conclusione di un ciclo di 52 anni, dato che l’elemento di discontinuità poteva stravolgere l’equilibrio: si svolgeva quindi la cerimonia del Fuoco Nuovo affinché il nuovo ciclo non subisse mutamenti rispetto ai precedenti: venivano spenti tutti i fuochi

e sospese tutte le attività affinché il cosmo si rinnovasse, poi il nuovo fuoco veniva acceso nel torace di un prigioniero di rango elevato sacrificato per l’occasione e solo allora si poteva considerata superata la crisi.

IL SACRIFICIO UMANO E LA GUERRA FIORITA

Il sacrificio era praticato dai mexica per salvaguardare l’universo nutrire il sole e la terra attraverso il dono del sangue e trovava nei racconti mitici la fondazione della sua necessità e ripetitività. Alla base del meccanismo sacrificale vi era la convinzione che ogni creatura dovesse in qualche modo pagare il proprio debito con il cosmo.

La guerra fiorita era una forma di scontro altamente ritualizzato combattuto al solo scopo di catturare prigionieri da destinare al sacrificio in campi di battaglia delimitati, con pochissimi guerrieri e con un aspetto militare regolato da un preciso cerimoniale. L’esito dello scontro indicava il merito guerriero come segno di predestinazione ma non vi era disonore nella sconfitta che portava alla morte fiorita. Si creava un particolare legame tra vincitore e prigioniero, quest’ultimo era considerato un figlio per il vincitore che non mangiava la sua carne e conservava i suoi resti.

Vi erano anche vere e proprie riproduzioni della battaglia durante le quali i prigionieri combattevano con armi inoffensive e che ripeteva l’esito dello scontro davanti a tutta la popolazione.

LE DIVINITA’ MESOAMERICANE

Il pensiero missionario di fronte agli dei mesoamericani

I primi missionari rimasero colpiti dall’elevato numero delle entità extraumane che poneva non pochi ostacoli pratici al progetto di conversione degli indios. Molti missionari si dedicarono allo studio delle divinità indigene che veniva considerata una tappa fondamentale per un’efficace penetrazione del messaggio cristiano(Sahagun). Si tentava tuttavia di paragonare le entità nahua a quelle del mondo greco-romano, estraendo le descrizioni dalla forma pittografica in un meccanismo totalmente alienante rispetto alla concezione che i mesoamericani avevano dei loro dei.

LE CARATTEREISTICHE DELLE ENTITA’ EXTRAUMANE

Il modello politeistico non è in grado di descrivere il rapporto delle culture mesoamericane con l’extraumano; le forze superiori e le divinità infatti coesistono in un complesso spazio di interazioni e relazioni molteplici in cui manca un preciso processo di differenziazione e delimitazione delle sfere di competenza. Inoltre la esasperata numerologia indigena portava alla moltiplicazione delle entità in due, quattro, cinque, nove, tredici, venti o quattrocento rappresentazioni.

I complessi erano riconoscibili a partire dalle loro affinità iconografiche. Il pantheon viene considerato come un’immagine della società mesoamericana nella quale la divisione del lavoro, gli strati sociali e le unità politiche trovavano la propria controparte divina. Dovendo sorreggere ideologicamente un panorama sociale, politico ed etnico variegato, il sistema dei patroni aveva permesso alle società nahua del Messico centrale di conciliare le esigenze di identità del singolo gruppo con la necessità di dominare, culturalmente e politicamente, l’intero sistema.

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